Evi Tsana. Iconostasia | Seconda occasione.
di Alessandra Redaelli
Un mazzo di chiavi. Un semplice mazzo di chiavi nuove, tenute da un anello di metallo, come ne possediamo tutti noi. Sono appese a un chiodo, un po’ di lato sulla sinistra guardando l’opera. Ma poi lo sguardo corre più in basso, dove – come se fosse simbolicamente abbandonata a terra – scorgiamo una vetusta chiave arrugginita. E improvvisamente tutta la scena acquista il suo significato. Improvvisamente anche il titolo (Adolescenza) diventa chiaro e si arricchisce di sensi inediti, di suggestioni. Di ricordi.
Non è facile definire il lavoro di questa giovane artista greca, ma oramai italiana d’adozione. Non è facile perché non lo si può etichettare. Non è precisamente scultura – se non parzialmente – ma non si può nemmeno esaurirlo con la dicitura di objet trouvé, anche se sono proprio degli oggetti recuperati quelli che compongono le sue opere. Sono immagini dalla profonda suggestione mistica, ma sono anche immagini intensamente “laiche”, applicabili alla vita al di là di ogni credo. Sono – forse, più di tutto – dei collage emotivi, intrisi del passato dell’artista e della sua storia, ma anche del suo essere nel mondo qui e ora, donna frizzante, vitale, inesorabilmente felice di esistere.
Cosa rappresentano, dunque, queste chiavi ordinatamente riposte sotto questo tettuccio di legno un po’ pericolante? Sono un’iconostasi. Sono l’immagine dell’adolescenza. Non solo come luogo della vita nel quale tutto è ancora possibile, nel quale tutte le porte sono ancora potenzialmente apribili e tutte le strade praticabili, ma anche come luogo che presto – prestissimo – apparterrà a un passato e del quale ci resterà (come una chiave arrugginita che non abbiamo mai voluto o potuto usare) uno struggente rimpianto.
E’ una poesia simbolista, questa piccola iconostasi. E insieme alle altre rappresenta il cuore di una mostra dove passato e presente, radici greche e italiane, ricordi, rimpianti, desideri e speranze si fondono in un tutto vibrante.
Ecco, allora, accanto a quel mazzo di chiavi, questo lavoro così minimale e pieno di mistero da lasciare per un istante con il fiato sospeso: Questa scala non va giú. Un legno candido, un tetto scuro, e una scala a pioli che scompare nel nulla. La crescita, il migliorarsi, il valore della fatica, ma anche l’aspirazione al cielo, a qualcosa di più di quello che può nutrirci sulla terra, sono tutti lì, in quegli scarni pezzi di legno. E ancora ecco l’acqua di: Io quando cresco, voglio diventare Settembre, disse Agosto poche gocce e un rubinetto a raccontare tutta l’importanza – e l’intrinseca semplicità – della materia di cui siamo composti e della quale non possiamo fare a meno. Ecco Vicolo dell’ Assenza 100, con quell’immagine oramai così vintage delle buste da lettera che ci parlano di ricordi, di corrispondenze. Di amori passati. Ed ecco Memorie di te, costruito con un alfabeto privato e personalissimo dell’artista (un piccolo dipinto che rappresenta un paesaggio, un mucchio di legnetti, una scatola di fiammiferi). Quelle di Evi Tsana sono poesie visive nate dalle lunghe passeggiate sulla spiaggia e dalla raccolta di oggetti che in qualche modo, per qualche motivo tutto suo, le parlano. E che poi lei assembla secondo un criterio, sì, di libere associazioni, ma riuscendo anche a creare dei percorsi mentali condivisi, comuni a tutti noi, profondamente radicati nei nostri ricordi e nel nostro passato.
Una storia sua, ma anche una storia comune quella da cui nasce questa serie di opere. Una storia, soprattutto, intrinsecamente radicata alla cultura greca da cui l’artista proviene. E’ usanza greca, infatti, quella di costruire delle piccole edicole (le iconostasi, appunto) ai lati delle strade in memoria di persone o di fatti accaduti. Chiunque si trovi a percorrere in auto le strade greche, prima o poi non può fare a meno di accorgersi della ricorrenza di questi piccoli edifici, tutti uno diverso dall’altro ma tutti collegati da uno stesso sentimento. C’è quello più imponente, sorretto magari da una colonna, con il tetto finemente decorato e quattro aperture ai lati. C’è quello più semplice e scarno, dove tutto il messaggio è affidato a una spoglia croce di legno. C’è quello più recente, ogni giorno ornato da fiori nuovi, e quello antico, dignitoso e mai dimenticato. La maggior parte di queste edicole votive è stata realizzata per ricordare una persona mancata durante un incidente: è una memoria triste quella che portano con sé. Ma ci sono anche quelle create per ringraziare.
Ed è proprio questo ciò che fa, una trentina di anni fa, il padre di Evi Tsana. Sta viaggiando tranquillo: pensa al lavoro che ha portato a termine e alla piccola Evi, appena adolescente, che riabbraccerà tra poco. Forse si distrae guardano un fiore a bordo strada, seguendo il volo di un uccello… e quando si accorge di quello strapiombo sembra troppo tardi. Tutto succede in un attimo e cadere in quel burrone sembra inevitabile. Eppure un sasso lungo la carreggiata devia il mezzo, evita l’inevitabile. E l’uomo è salvo. E’ un miracolo.
Costruire un’iconostasi gli sembra il minimo per ringraziare di quel dono.
Evi non è una praticante, ma la ricerca di Dio diventa un percorso imprescindibile quando la vita è attraversata da momenti come questo. E ogni volta che oggi guarda negli occhi il suo papà, è a quel giorno che pensa.
Nasce da qui questa serie che lei ha voluto chiamare, significativamente, Seconda occasione, dal desiderio di riflettere e di far riflettere su come ogni attimo sia irripetibile e prezioso. Di come a ogni angolo di strada tutto quello che abbiamo possa esserci portato via in un istante. Le iconostasi della sua terra ha cominciato a fotografarle tantissimi anni fa, incantata da queste costruzioni così diverse una dall’altra e tuttavia così intensamente capaci di un unico sentimento. E poi, a un certo punto, ha cominciato a costruirne di sue. Con il cemento dipinto di bianco a ricreare le atmosfere della sua Grecia, oppure con i semplici legni levigati dal mare che raccoglie sulla spiaggia quando vi torna. E poi, dentro ognuna di queste piccole case, di questi piccoli cuori, ha voluto raccontare una storia. A volte è una storia semplicemente mistica, un ringraziamento interiore che appartiene a tutti noi, sostanziata di una piccola icona, qualche volta una croce, un pizzo, dei fiori. Altre volte il racconto si allarga, si fa simbolico di una realtà che ci appartiene, tocca l’intimità, la vita di tutti i giorni, i rapporti sociali, l’amore. E viste tutte insieme, come una piccola città magica, queste iconostasi sono come capitoli di un lungo romanzo, un romanzo mistico e struggente che ci riguarda tutti.
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